Un’altra idea di società

crazy cowNell’attuale deserto del panorama politico, con un livello del dibattito degenerato e incancrenito da anni di talk-show e di egemonia televisiva, con pubblicità che arrivano a santificare “la libertà di non scegliere”, è inevitabile avvertire la nausea. Se poi si pensa alla degenerazione di Roma (città che persino chi dice di odiarla fatalmente in segreto ama), se pensiamo alle nefande vicende di “mafia capitale”, allora davvero è difficile trovare un argomento a sostegno di qualsiasi idea che voglia considerarsi politica.

Tuttavia, una notizia di questi giorni accende una fiammella interessante sul laboratorio che si è messo in moto nella città capitolina, un segnale estremamente interessante per una serie di ragioni che tenteremo di esporre come contributo al dibattito.

La prima ragione è sistemica: e occorre fare riferimento al fatto che la classe media è in completo disfacimento, massacrata da una crisi economica che è un bluff ed è soltanto il modo per dissimulare la redistribuzione del reddito che sta sempre più concentrando la ricchezza nelle mani di pochissimi, generando condizioni per il furto legale, l’espropriazione della ricchezza dal ceto medio a una invisibile upper class che muove i livelli intermedi attraverso superstipendi a una classe dirigente asservita alla corruzione che li ha portati al posto di comando e alla quale, per questo, deve obbedire senza se e senza ma.

La seconda ragione è globale: perché non è che un errore da provincialotti fare pensieri del genere “l’Italia è lo zimbello d’Europa”, “facciamo le solite brutte figure davanti al mondo” etc. etc. perché la fotografia oggettiva è che la corruzione attraversa il mondo intero e, se vogliamo fare riferimento al nostro mondo, dobbiamo considerare la decandenza dell’idea di Europa come spazio di libertà, dal momento che un alone di dubbio circonda persino l’attuale Presidente della Commissione Europea, che si dice avrebbe favorito l’elusione fiscale dei maggiorenti d’Europa quando era capo del governo del Lichtenstein, favorendo l’emigrazione dei capitali dai Paesi in cui avrebbero dovuto essere tassati. Naturalmente questo scandalo, emerso all’indomani della designazione di Juncker come Presidente della CE, non sortì alcun effetto, considerato che chi avrebbe dovuto spingerlo alle dimissioni era proprio chi lui avrebbe favorito.

La terza ragione è nel conflitto di classe: perché il tema della crisi economica come trucco per trasferire reddito e ricchezza verso un’élite predatoria non è affatto secondario e si deve prendere atto che non c’è attualmente nessuna forza politica che faccia gli interessi del ceto medio. La destra no, perché la sua tradizione è difendere i padroni e gli interessi dei baroni e del re. La sinistra nemmeno, perché da tempo quelli che un tempo erano “i partiti dei lavoratori” sono stati espropriati dal capitale delle banche al servizio dell’alta borghesia. Su questo si dovrà fare attenzione, perché non appena un movimento prova a fare la promessa di divenire esponente degli interessi del ceto medio e dei lavoratori, subito viene cannibalizzato, fagocitato sul nascere dalle fauci del potere.

Date queste premesse, possiamo giungere all’argomento generale, che identifica con chiarezza le ragioni strumentali della pretesa crisi economica, che sono esattamente le stesse che produssero la famosa crisi del ’29 ovvero un capitalismo selvaggio e senza regole che brucia i risparmi del ceto medio e li porta nelle casse dei più ricchi. La crisi del ’29 è stata risolta da un sistema di investimenti pubblici a sostegno e a garanzia dell’economia generale che, dal nome dell’economista che lo ha ideato, è detta economia keynesiana. Abbiamo avuto l’economia keynesiana per tutti gli anni che dalla ricostruzione post-bellica arrivano ai primi anni ’80. A partire dagli anni ’80, purtroppo, Mr. Reagan e Mrs. Thatcher hanno sostituito l’economia keynesiana (cioè la trasformazione del risparmio in investimenti attraverso la garanzia dello Stato) con l’economia monetarista (cioè l’indifferenza al risparmio e la proposta di consumo finanziato dal debito) che sta affamando l’Europa e ha ormai distrutto il ceto medio.

Una precisazione d’obbligo: dal punto di vista di SOCIETAS MAZZINI, è chiaro che non abbiamo nessuna simpatia storica per il materialismo marxista, e non possiamo non ricordare come Mazzini e Marx, per quanto coltivassero lo stesso fine (l’emancipazione delle classi subalterne) avessero idee contrapposte sul metodo. Durante gli anni della Prima Internazionale, purtroppo, le tesi di Mazzini di emancipazione della società attraverso istruzione, educazione, scuola pubblica (e progressiva introduzione alla vita spirituale) furono soppiantate dal materialismo dialettico di Marx, che vedeva ogni argomento spirituale come ingannevole e fuorviante. Naturalmente, noi siamo ancora con Mazzini nel sostenere che il materialismo avvilisce le ragioni nobili della vita umana, e per questo giudichiamo inadeguato il suo metodo, e immaginiamo un’altra idea di società e di socialismo.

Tutte queste ragioni e argomenti ci inducono a guardare con grande attenzione e a portare all’attenzione di tutti quel che sta accadendo nel laboratorio romano di dialogo tra socialisti democratici, liberali (cioè sostenitori della libertà individuale e delle arti, che è cosa ben diversa dall’essere liberisti o neoliberisti, cioè interessati al profitto e al lucro) e libertari, per inaugurare un percorso di confronto simbolico e concreto per riportare in esistenza l’idea di emancipazione individuale e collettiva e condividerla con tutti i gruppi progressisti in Italia e in Europa.

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