Rehab socialism means come back before Marx, when socialism and spiritualism were intertwined. We should study the American Transcendentalist movement (Emerson, Thoreau) and the work made by the early Theosophist, like Olcott, Mazzini, Paine and more.
The true identity of Socialism is the Republican system and not Democracy, that is meaningless. It is impossible to have a real democratic government system, while the republican one is the more effective, concerning the national system as common good, Latin “Res Publica”.
The nucleal core of this idea concerns the way to come out the unbreathable air of the materialism and come back to the mystical idea of XIX century philosophers who believed that after the Age of Light would have arrived an Age of Reason.
This idea has been rejected by the ruling establishment of all nations. Notwithstanding the Republic has been the government system that has been able to go beyond the absolutism of middle age monarchies, because of this reason the ruling aristocracy, after they become able to absorb the emerging bourgeois class, the obscured “Republic” with “Democracy”.
In America, the conservatives took the label “Democracy”, while something of the original spirit was preserved in the socialist area in eastern Europe and Russia, at least before Stalin transformed it in an intolerable oppression system, a traitor of the international workers which issue was the “socialism in just one country”, something that conserved of socialism and republic just the words without their meaning.
We should restart our thought with something that will start from the last line where the words “socialism” and “republic” had their real meaning, related to “progress” not just as a simple growth of production, in the materialistic sense, but as the stepwalk of human awareness, consciousness, emancipation, freedom.
Sarebbe giusto ricordare che il 2 giugno è la festa della Repubblica e non del nazionalismo. I grandi Padri della Patria, tra i quali il misconosciuto Mazzini, pensavano alla Repubblica nazionale come situazione provvisoria verso l’Alleanza Universale delle Repubbliche. Festa della #Repubblica
«Abbiamo avuto Mazzini e Garibaldi, padri della sinistra italiana. Non è fascismo amare la propria nazione», dice Rampini in una recente intervista. Ma l’attribuzione è corretta?
Riteniamo di no, per quanto la provocazione di Rampini sia utile a fare il punto su un argomento ancora decisamente tabù: l’estromissione del pensiero irrazionale dalle politiche progressiste.
Il concetto non è semplice, ed è reso ancor più complesso dalle mistificazioni che girano intorno ad esso. Vediamo, se non di chiarire, di diradare le nebbie.
In primo luogo, il concetto di “sinistra” è tutt’altro che irrinunciabile. Si tratta, infine, di una scelta di posto in un’aula parlamentare, ad indicare le forze sostenitrici degli interessi della borghesia durante la Rivoluzione francese.
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Mazzini, infatti, non usa mai il termine “Sinistra”. Per lui la parola pregnante è un’altra, e il suo suono è “Progresso”. E soprattutto, questo è il punto decisivo, c’è un gran momento: l’Internazionale dei Lavoratori a Ginevra nel 1866 (di cui è detto nel libro Mazzini Occulto), quando il congresso è chiamato a definire la linea programmatica, scegliendo tra lo spiritualismo progressista di Mazzini e il materialismo storico di Marx.
Purtroppo, la linea prescelta fu quella del materialismo storico. Da allora, essere in favore delle classi subalterne divenne sinonimo di essere materialisti. Mazzini denunciò subito questa posizione come errore gravissimo, perché il materialismo è una filosofia miserabile, incapace di elevare il popolo a più alte aspirazioni.
Di questo limite rimase affetto tutto il pensiero intellettuale, tanto che la parola “progresso” fu gradualmente cancellata e sostituita con “sviluppo” (cioè, sostituendo il “cambiamento come miglioramento” con il “cambiamento come espansione”), imponendo la logica del materialismo non solo in economia e in politica, ma anche nel campo della letteratura e del cinema, dove questo modo di vedere assunse la definizione di “realismo” e “neo-realismo”.
Quel che si è detto per Mazzini non vale anche per Garibaldi. Dotato di minor capacità critica, da soldato, Garibaldi su attratto più di Mazzini dalle sirene incantatrici e dagli specchietti per le allodole che ora la massoneria, ora i Savoia, ora i socialisti posero davanti a lui per distaccarlo e metterlo in contrasto con Mazzini.
Quindi, sia pure in modo superficiale, si può parlare di un Garibaldi socialista. Se avesse avuto modo di esserci ancora al tempo di Bakunin, sarebbe divenuto anche anarchico, per non perdersi nulla del festival degli inganni: perché Bakunin rappresenta l’ultima demolizione del pensiero di Mazzini, voluta, studiata.
Ma per passare da questa porta stretta bisognerebbe rileggere i libri di Aldo De Jaco oppure, se vi accontentate, aspettare l’uscita del mio nuovo libro su Mazzini.
“Caro Biscari, vi raccomando il mio amico Orrigoni. Ricevete una stretta di mano. Il vostro Giuseppe Garibaldi”. Così, con uno stringato bigliettino scritto a mano l’ eroe dei Due Mondi si rivolgeva all’ amico catanese Gioacchino Biscari, principe e compagno di lotta antiborbonica, per una esplicita “raccomandazione” ante litteram. Il foglietto, datato 13 aprile 1863, era stato inviato dall’ esilio di Caprera e poi dimenticato per oltre un secolo. Solo di recente è stato ritrovato in un polveroso archivio della scuola elementare catanese intitolata proprio al principe Biscari, organizzatore della resistenza contro i Borboni: una lettera, quella di Garibaldi, che ha suscitato curiosità per quell’ espressione così compromettente.
Nella liturgia di Stato, nessun riferimento a Mazzini, né alla sua compagna dell’anima, colei che portò la bandiera a Reggio Emilia. Nessuno stupore. Mazzini e Giuditta occulti. Li celebriamo qui.
Questo il comunicato ANSA in ricorrenza del 221° anniversario dalla prima esposizione della bandiera tricolore:
ROMA, 7 GEN – “La ricorrenza dei 221 anni della proclamazione a Reggio Emilia del primo Tricolore d’Italia offre l’occasione per ricordare il lungo e sofferto percorso che ha portato all’unificazione e alla condivisione di un’identità nazionale e di un comune destino. Lo scrive in un messaggio il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Festa del Tricolore. “Simbolo che unisce tutti gli italiani – sottolinea il capo dello Stato – il Tricolore rappresenta l’emblema dei valori di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, di rispetto dei diritti dell’uomo e di solidarietà che caratterizzano la Repubblica. Di questo patrimonio di storia, di cultura e di civiltà che il Tricolore evoca e mostra al mondo intero, siano sempre fieri e consapevoli tutti gli italiani, e ad esso si volgano con rispetto, onore e lealtà tutti coloro che condividono il sentimento di riconoscersi concittadini. Viva il Tricolore, viva la Repubblica”.
Sommario delle domande cui questo articolo può fornire risposta.
Di quali ceti sociali Destra e Sinistra rappresentano gli interessi?
Cosa significa “extraparlamentare” in rapporto alla Destra?
Cosa significa “extraparlamentare” in rapporto alla Sinistra?
È vero che “gli estremi si toccano”?
Qual è stato l’esito dell’esperimento delle “convergenze parallele”?
Esistono ancora “partiti dei lavoratori”?
Ha ancora senso la divisione “destra-sinistra”?
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1.
La Destra politica è data dalle compagini che rappresentano gli interessi dell’aristocrazia e dell’alta borghesia. In altre parole, i ceti sociali di cui la Destra rappresenta gli interessi sono le élites che detengono il potere. Accanto alle classi di diretta ascendenza aristocratica ed ai vertici del tessuto produttivo e industriale bisogna annoverare il clero che, per funzione ed anche per convenienza, ha sempre avuto una funzione di mediazione nei rapporti di potere. I ceti popolari non fanno parte del sistema di interessi rappresentato dalla Destra. Come mai dunque tanta gente del popolo ritiene di essere “di destra”? È molto semplice. Si tratta di fedeltà alla linea di comando. Si tratta di subordinazione al datore di lavoro. In altri casi, si tratta semplicemente di ossequio del potere, della speranza che il potente di turno possa cambiare il diritto in privilegio e sperare che questo possa condurre il subordinato ad un vantaggio individuale, ottenendo un posto che non gli sarebbe dovuto spettare.
Per introdurre la Sinistra, è opportuno dire che la distinzione politica risale alla Rivoluzione Francese del 1789 quando, in parlamento, a sinistra prendevano posto gli esponenti della corrente rivoluzionaria e a destra invece si sedevano i componenti dei partiti filo monarchici. La Sinistra rappresentava gli interessi dell’emergente Terzo Stato, la borghesia, che in precedenza non aveva rappresentanza in parlamento. La Sinistra politica dunque assunse da principio la rappresentanza dei gruppi subalterni. In seguito alla restaurazione napoleonica e post-napoleonica tuttavia la borghesia del cosiddetto Terzo Stato fu assorbita dai ceti dominanti, assumendo sempre più posizioni conservatrici, cioè di Destra, tese a bloccare l’accesso di nuove classi sociali tra le quali il cosiddetto “Quarto Stato”, cioè il proletariato agricolo e industriale, la classe dei lavoratori salariati che la Rivoluzione Russa del 1917 prometteva di esportare in tutta Europa attraverso l’Internazionale dei Lavoratori. Quindi, stando alla sua genesi storica, la Sinistra politica rappresenta gli interessi delle classi subalterne e, cronologicamente, l’accesso della borghesia nel XVIII secolo e l’accesso del proletariato nel XX.
2, 3.
Extraparlamentare è chi non ha rappresentanza in parlamento, cioè nel luogo in cui convengono i rappresentanti eletti in esito a consultazioni democratiche. Questo può accadere perché un gruppo politico non giunge alla soglia minima di consensi (voti) per accedere ad almeno un seggio parlamentare o per scelta radicale di nemmeno presentare una lista alle elezioni. Il termine in ogni caso designa qualcuno che fa riferimento ad un gruppo politico che non è rappresentato in parlamento. Si dovrà notare che il termine è stato molto abusato e strumentalizzato. Questi abusi e strumentalizzazioni hanno avuto talora un carattere estremamente violento, giungendo a coartare la verità dei fatti, attribuendo responsabilità terroristiche a soggetti appartenenti a correnti opposte. Gruppi extraparlamentari sono stati sia a sinistra che a destra dell’arco parlamentare. Quelli a sinistra hanno avuto in genere finalità eversive, volte a favorire la protesta contro il potere costituito con lo scopo di garantire maggiori diritti ai lavoratori e alle classi subalterne. I gruppi extraparlamentari di destra hanno avuto finalità reazionarie, consistendo di strutture volte alla repressione e al sabotaggio delle manifestazioni di protesta dei lavoratori.
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Si potrebbero fare degli esempi, storicizzando: a destra si otterrebbe l’immediata visualizzazione del fascismo e del nazismo prima del loro avvento al potere, come gruppi volti a impedire anche con la forza le protesta dei lavoratori; a sinistra si troverebbero le brigate rosse e i nuclei armati proletari. Prima di risolvere notando l’asimmetria di forze (molto di più a destra e molto di meno a sinistra), si dovrà notare un aspetto più rilevante: e cioè che queste frange di politica extraparlamentare, al di là di qualche personaggio davvero convinto ideologicamente, si nutrono di persone ambigue al confine della legalità, spesso in confidenza con armi e malviventi e significativamente sensibili al soldo. Nella nostra storia recente c’è un affaire, come venne definito l’intrigo che portò alla morte di un importante esponente politico, latore della lungimirante proposta politica detta delle convergenze parallele, volta ad accorciare i divari tra le componenti politiche. Il risultato si risolve esattamente in un laboratorio al servizio delle forze reazionarie che hanno dissolto quella possibilità proprio attraverso una perfetta combinazione tra frange allo sbando, nominalmente di sinistra, con più che il sospetto di infiltrazioni della destra extraparlamentare e, di fatto, in una situazione di completa illegalità e di condizionamento della vita democratica delle istituzioni.
6.
Quel ch’è accaduto dopo il 1978 è stata la progressiva erosione della capacità di rappresentanza dei lavoratori. Questa tendenza non è stata prerogativa esclusiva dell’Italia ma dell’intera Europa, e in modo eclatante dopo il 1989. Con la caduta del muro di Berlino, il modello capitalistico ha celebrato il suo trionfo; portando con sé però segni di decadenza e di distacco da ciò che obiettivamente, ne faceva un sistema migliore: la mitigazione degli aspetti predatori di supremazia del ricco contro il povero che erano stati introdotti con il modello definito “economia sociale di mercato”. Dopo il 1989, la svolta economica e politica ha impresso al capitalismo un’accelerazione verso lo smantellamento dei diritti sociali e dei meccanismi di bilanciamento attribuiti allo stato. Il ritorno al capitalismo selvaggio e predatorio dello strapotere del ricco contro il povero è tornato all’attualità. Gli stessi partiti politici che storicamente erano rappresentanze dei lavoratori sono stati comprati dal capitale, che ne ha conservato il marchio o addirittura lo ha cambiato, rendendo in ogni caso lo scenario politico “ambidestro”, nel senso che sia a destra che a sinistra i partiti politici sono espressione della rappresentanza delle classi che hanno il potere economico e, se mai, si distinguono per gruppi e per famiglie, ma non per ceto. I ceti subalterni vivono dunque un vuoto di rappresentanza, che non è colmabile nemmeno attraverso il versante extraparlamentare, ormai stabilmente occupato dalle frange esterne che la destra gestisce con questo scopo.
7.
La distinzione destra-sinistra è puramente illusoria, specchio per allodole. Se ha avuto un significato nel passato, oggi non ne ha alcuno che non sia la divisione in correnti dei gruppi di vertice del potere economico. L’unico e indiscusso vincitore è il sistema capitalistico, che ormai non tollera di essere mitigato. Lo smantellamento dei diritti sociali, dei diritti dei lavoratori, dello stesso sistema del lavoro è ormai totale. L’arrivo di disperati che fuggono da paesi dove il capitalismo mostra il suo volto più vero e più terribile (l’imperialismo predatorio, che semina guerra dove si possono estrarre risorse energetiche, vero arcano del potere) determina una selezione verso il peggio, dove le condizioni disperate di questa gente senza patria, senza speranza, senza diritti e senza futuro diventano strumento del potere per costringere le classi subalterne in Europa ad accettare contratti di lavoro sempre più iniqui, ad accogliere riduzioni di salario e di diritti, colpendo con i manganelli del fascismo nazionalsocialista chi osi esprimere un’idea contraria, un’opposizione a tutela dei diritti della persona.
Conclusione A: cui prodest?
Tutto questo in nome e per conto di un numero di esseri umani sempre più ridotto e più ristretto, che ambisce a vivere centocinquanta o anche duecento anni, che invoglia a superare il tabù della compravendita degli organi corporei e che intende nutrirsi di corpi umani con le nuove frontiere dell’eugenetica.
Conclusione B: ut faciam?
La conclusione è amara, perché non ci sono nemmeno le parole per costruire una possibile antitesi. Per quanto le tecnologie internet ci mettano in condizione di comunicare istantaneamente tutti con tutti, siamo completamente atomizzati e divisi. Ognuno parla in nome del feticcio della post-modernità, che è il successo personale. Nessuna idea è credibile o al riparo da quest’ombra funesta. Non s’intravede altra soluzione che quella praticata dai più antichi Manifesti, tra cui non annovereremo quello comunista: e non per vezzo ma perché la tesi di Marx è stata un grande male per le classi subalterne che, persa la speranza di una vita spirituale (come volevano gli spiriti grandi dell’Età della Ragione), annaspa oggi in questo materialismo senza senso.
Conclusione C: quod spes?
Abdicando all’irrazionale dello Spirito, non c’è speranza alcuna che l’ideale delle umane sorti e progressive possa realizzarsi. Il nostro modesto compito può esser soltanto quello di annunciare, manifestandola, un’altra realtà, che terremo in segreta e scrupolosa custodia.
Quello che sta accadendo in America dovrebbe preoccupare. Ma è persino più preoccupante il silenzio che si registra in Europa.
La copertina di TIME (28 Agosto, 2017) lascia pochi dubbi sulla politica di Trump. “Odio in America” è il titolo di copertina; l’immagine è un saluto fascista di un uomo che non fa vedere il suo volto (allusione alla mediocrità borghese, sempre incline a compiacere i pretesi poteri forti).
Se è vero inoltre che il direttore di questo settimanale, una donna, Nancy Gibbs, è sul punto di lasciare (come si legge sulla pagina web del giornale nell’edizione di oggi 13 Settembre 2017) dopo 32 anni, allora c’è qualcosa da dire. Qualcosa che non va. Qualcosa di grave.
È vero che la Gibbs ha avuto una linea totalmente contraria al Presidente USA. Avevamo già segnalato uno speciale su Mr. 666, il genero di Trump, Jared Kushner, così apostrofato perché suo è l’edificio al nr. 666 della famosa Quinta Strada di New York, dove ha gli uffici, senza lesinare dettagli sui due anni di prigione inflitti a suo padre dalla Corte Americana.
Nel numero di fine agosto qui recensito, l’inchiesta non è certo tenera. 22 pagine tra articoli e foto, interamente dedicati al tema “Odio in America”. La Gibbs in prima persona, nel suo editoriale, parla del Presidente USA come un uomo per il quale “il mondo non è una comunità ma un affare. Se tu non stai vincendo, allora stai perdendo. E chi investe nel bene comune e nel sacrificio condiviso è un idiota”.
Seguono fotografie di pestaggi e violenza a Charlottesville, causati dalla decisione del Sindaco di quella città di rimuovere il monumento dedicato a Robert Lee, il generale degli stati schiavisti durante la guerra di secessione. E si parla a chiare lettere di gruppi come Alt Right, Unite the Right, White Supremacists ed altri schieramenti intolleranti e razzisti tra cui il Ku Klux Klan.
C’è un tweet di David Duke, gran sacerdote del KKK, riguardo ai fatti di Charlottesville che dice: “Grazie Presidente Trump per l’onestà e il coraggio di dire la verità su #Charlottesville” e, come scrive Jon Micham nel suo articolo, il KKK può affermare plausibilmente di essere conforme alla volontà del Presidente degli Stati Uniti.
Per quanto emerge con nefasta violenza, Trump non è soltanto al servizio degli interessi dell’ “industrial-military complex” che costituisce la spina dorsale della grande borghesia americana. È molto peggio. È nazifascismo 3.0. Odio razziale distillato. Con metodi di terrorismo interno. Perché le violenze sono violenze di stato. Gli abusi sono abusi di stato.
Non riusciamo a comprendere se italiche interpretazioni che svolgono acrobazie per ricondurre Trump a schieramenti progressisti derivino da: (1) cattiva informazione derivante da un tentativo di stupire e accattivare; (2) finanziamento mirato; oppure (3) semplice errore di analisi o, ancora, (4) mutamento nel posizionamento dello stesso Trump.
All’ipotesi (4), cambiamento di posizionamento politico, non crediamo perché non ci sono elementi che la rendano attendibile. La (3) appare improbabile come la (1). Non resta che la (2) e cioè che i soggetti che sostengono Trump sono pagati per farlo. Come del resto nella miglior tradizione americana.
Gli americani hanno pagato Stay behind, Gladio e file di democristiani e socialisti per impedire che i comunisti potessero andare al governo in stati europei. L’affaire Moro in Italia è ormai storia e, se fossimo più accorti, diremmo di Pasolini e Rostagno e Alpi le stesse cose. Quindi, non è una novità l’ingerenza del dollaro nella politica interna europea e italiana. Secondo alcune ricostruzioni, hanno pagato anche i comunisti. Persino le B.R.
Anche i Radicali, quando la loro opera divenne importante con il successo dei referendum, dicono divenne oggetto di attenzioni americane. Che stia accadendo ancora?
In tal caso, riconosceremo acume a chi sostiene Trump come progressista.
Diversamente no. Riconosceremo esclusivamente questa posizione come idea vanesia, insostenibile alla prova dei fatti.
Statuti e regolamenti dell’Istituzione Massonica dicono che la politica non dovrebbe essere parte delle attività da portare all’interno della Loggia e, meno ancora, del Tempio.
Tuttavia, la sirena del potere sembra essere di formidabile attrazione per chi appartiene o comunque annusa quel mondo. È evidente che questo atteggiamento è decisamente fuorviante rispetto ai fini dell’Istituzione e conferma, se mai, quelle “Three growing questions” di cui abbiamo parlato in sede di analisi sociologica.
Senza ripetere quell’analisi, diremo soltanto che:
La Massoneria è lontanissima dalla sua originaria funzione storica;
La Massoneria italiana, se si eccettua la parentesi risorgimentale, è storicamente condizionata dall’aristocrazia nera, ciò che la schiera sul fronte decisamente reazionario;
L’Istituzione Massonica fa riferimento a chi, rispetto alle attività del Tempio, si occupa della manovalanza e della gendarmeria e, solo ai più alti livelli, dell’architettura.
Le motivazioni di queste tre affermazioni sono dettagliate ed esposte analiticamente nell’articolo sopra richiamato. È fatale che qui appariranno ermetiche, ma non per questo andranno prese apoditticamente o interpretate in via dogmatica.
Scendendo dal piano filosofico a quello più prosaico del giornalismo noteremo, en passant, che le osservazioni su Macron e, in Italia, su De Bortoli e Renzi, appaiono ben poco legate ad una corretta concezione dell’Istituzione Massonica: a meno di non considerare statuti e regolamenti come tende e cortine di un sistema teocratico.
Dal punto di vista SOCIETAS MAZZINI, è di tutta evidenza che:
a) non incoraggiamo né incoraggeremo letture politiche dell’Istituzione Massonica, eccettuata l’ipotesi di una diversa lettura della lotta di classe, emancipata dal materialismo e reintegrata nella sua funzione spirituale;
b) in ogni caso, diamo atto – anche con riferimento agli ultimi sviluppi del caso Moro e degli assurdi ma concreti e dimostrati legami con le vicende di “Mafia Capitale” – del fatto che l’Istituzione Massonica in Italia presenta una incontrovertibile maggioranza reazionaria;
c) gli eventuali propositi di associazionismo internazionale possono introdurre delle varianti, che però difficilmente possono dimostrare un orientamento effettivamente progressista.
Consegue e conclude questa generale riflessione la visione di uno scollamento ab initio che fa dei momenti progressisti delle eccezioni (si veda “Origini Occulte dell’Illuminismo” per una analisi delle ragioni storiche) nel solco di una continuità tradizionale che fa della Massoneria uno strumento ancillare del potere. Da questo punto di vista, la continuità tra Massoneria e sistema di potere si rende manifesta, ma non certo nel segno progressista e meno che mai in Italia. Per essere minimamente credibile, un progetto diverso dovrebbe avere importanti alleanze internazionali, credenziali tutte da dimostrare.
State tranquilli: non si tratta di una canzonaccia da gitarelle, ma della testimonianza delle difficoltà che l’opera di Ettore Ferrari (lo stesso scultore che fu artefice del monumento a Giordano Bruno) trovò per finalmente essere collocata sul colle Aventino. Un documento per chi è interessato alle idee e alle storie mazziniane.
Nota sul monumento di Giordano Bruno. Inaugurato nel 1889, reca nel basamento l’effigie di otto vittime dell’intolleranza religiosa nei secoli: Sarpi, Campanella, Ramo, Vanini, Paleario, Serveto, Wyclif e Hus. In realtà, c’è un’immagine aggiuntiva, nascosta nell’effigie dedicata a Vanini, che è quella del riformatore Lutero.