I rapporti tra Mazzini e Bakunin si delineano sullo sfondo della Prima Internazionale. Corrispondono quindi agli ultimi anni dell’esperienza terrena di Giuseppe Mazzini, e si caratterizzano per la gravità degli interessi, con una punta di rammarico per quel che è stato e quel che invece avrebbe dovuto essere. Ed è probabile che qualsiasi ragionamento e proposta che voglia con sincerità dirsi progressista, debba fare i conti con le idee di Mazzini in rapporto alla necessità di impedire il prevalere del materialismo, che non è se non un manto oppressivo e destinato a mantenere i ceti subalterni in condizione di non comprendere quel che necessita al loro vero e duraturo progresso.
Il I Congresso dell’Internazionale, si tenne a Ginevra il 3 e l’8 settembre 1866, presenti una sessantina di delegati, quasi tutti francesi e svizzeri, senza alcuna rappresentanza italiana. La freddezza di Mazzini e dei suoi verso l’Internazionale derivava dal carattere materialista che l’associazione, adottando gli statuti di Marx, aveva assunto. Ne scaturì un’insanabile polemica e un indebolimento della Giovine Europa, che declinava a tutto vantaggio dell’Internazionale, anche in Italia.
Essendo insanabile il contrasto con Marx, Mazzini trovò sponda in Bakunin, di cui si diceva essere alto esponente della Massoneria ma, come Mazzini, con un’attitudine a valersene, più che a servirla. L’accordo con Bakunin, fondato sulle parole Libertà e Giustizia varrà alla pubblicazione sul mazziniano «Giornale delle Associazioni operaie» di Genova, di articoli favorevoli all’Internazionale, e nello stesso tempo la Società operaia di Genova si poneva in relazione diretta col Consiglio generale di Londra.
Bakunin, spingendo il moto in Italia, perseguiva il fine di acquistare consensi per la lotta, interna al Consiglio generale dell’Internazionale: come Mazzini, temeva che venisse resa obbligatoria, nell’associazione, la dottrina marxista: ossia – come egli la definisce – la dottrina del comunismo autoritario, in netta antitesi col suo collettivismo libertario. Insieme a Mazzini, trova alleati negli internazionalisti spagnuoli, belgi e parte dei francesi e svizzeri. L’Internazionale è nel 1870 all’apogeo della sua potenza; ora questa crepa minaccia molto seriamente il grandioso edificio.
Mazzini, da parte sua, è preoccupatissimo dei progressi che il materialismo e l’Internazionale stan facendo in Italia. Scrive a Campanella, l’11 marzo 1870: «Che cosa diavolo intenda Maz[zoni] per una rivoluzione socialista, io non so. Se hanno modo, la facciano. Io mi contento di farne una repubblicana… »
Frattanto, la novissima repubblica francese verso cui si volgevano le simpatie dei democratici di tutta Europa, traversò un primo periodo di convulsioni sociali e politiche tremende che culminarono nel sanguinoso esperimento della Comune di Parigi.
La Comune produsse in tutto il mondo civile una grande impressione. Reazionari, conservatori, moderati, democratici costituzionali e repubblicani, internazionalisti, tutti ritennero che le sorti del mondo intero dipendessero dall’esito della lotta fra la Comune e Versailles. Rosselli dice: «Fu davvero un grande abbaglio; poiché di socialista a Parigi non ci furono, si può dire, che parole e intenzioni; sí che quasi quasi si potrebbe rivendicare alla repubblica romana del ’49 maggiore sollecitudine per le sorti del proletariato e una maggior mole di provvedimenti di carattere sociale. Comunque la Comune reagì, in Italia, su tutti gli ambienti sociali, svegliando molte coscienze assopite e gettandole in una profonda crisi, costringendo tutti i partiti a prendere un deciso atteggiamento; fu la pietra di confronto sulla quale tutti dovettero saggiarsi: pro o contro. I giornali cattolici sfruttano a proprio vantaggio il terrore che ha preso le classi medie».
Mazzini si è subito apertamente schierato fra i nemici della Comune. I motivi discendono dalle tre grandi negazioni da lui ritenute il fondamento della dottrina e della azione internazionalista: la negazione di Dio, della patria, della proprietà privata. Nella recensione al libro di Jessie White Mario si sono viste le idee di Mazzini su questi tre temi e se ne può constatare l’importanza e la trascendenza.
Tuttavia, l’avversione alla Comune di Parigi sarà fatalmente impopolare rivelandosi, nel presente, un errore di valutazione rispetto alle conseguenze politiche. Bakunin sceglie la posizione di sostegno, e lo stesso fa Garibaldi, isolando il genovese.
Bakunin coglie l’occasione e attacca il primo articolo in cui Mazzini esce apertamenete contro l’Internazionale. Professando il più grande rispetto personale, definendolo «una delle piú nobili figure e pure individualità del nostro secolo» ne Risposta di un internazionalista a Mazzini, Bakunin colpì nel segno e fece scalpore. Organizzò a suo vantaggio in quello scritto le critiche di Gioberti, quelle astiose di Felice Orsini, quelle composte e serie di Luigi Stefanoni. Alla calda appassionata un po’ sacerdotale prosa di Mazzini, Bakunin contrapponeva una prosa agile, guizzante, ironica e pungente. La figura di Mazzini usciva contraffatta e grottesca nel duello di un vecchio contro una impetuosa corrente di giovani.
«Nel suo primo e migliore periodo di vita, – scrisse Mazzini nel 1871 – l’Internazionale fu associazione strettamente operaia, separata da ogni questione vitale politica e concentrata esclusivamente sulla questione economica».
L’alleanza con Bakunin avrebbe potuto essere il contraltare al materialismo di Marx. Ma la contrapposizione di Bakunin non aveva un pieno fondamento spirituale, quanto una latente componente massonica: così finì anche lui per farsi trasportare dalla corrente dell’epoca, dichiarandosi socialista e materialista.
Mazzini, del resto, aveva sempre diffidato dell’anarchismo di Bakunin, consapevole che le masse non avrebbero capito, che occorre un’educazione alle arti per giungere a comprendere il mistero dei Perfettibilisti: che bisogna giungere al punto di non aver bisogno di nessun capo, perché ognuno è responsabile. Bella dottrina, ma non per il popolo.