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Rampini? chi era costui?

«Abbiamo avuto Mazzini e Garibaldi, padri della sinistra italiana. Non è fascismo amare la propria nazione», dice Rampini in una recente intervista. Ma l’attribuzione è corretta?

Riteniamo di no, per quanto la provocazione di Rampini sia utile a fare il punto su un argomento ancora decisamente tabù: l’estromissione del pensiero irrazionale dalle politiche progressiste.

Il concetto non è semplice, ed è reso ancor più complesso dalle mistificazioni che girano intorno ad esso. Vediamo, se non di chiarire, di diradare le nebbie.

In primo luogo, il concetto di “sinistra” è tutt’altro che irrinunciabile. Si tratta, infine, di una scelta di posto in un’aula parlamentare, ad indicare le forze sostenitrici degli interessi della borghesia durante la Rivoluzione francese.

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Mazzini, infatti, non usa mai il termine “Sinistra”. Per lui la parola pregnante è un’altra, e il suo suono è “Progresso”. E soprattutto, questo è il punto decisivo, c’è un gran momento: l’Internazionale dei Lavoratori a Ginevra nel 1866 (di cui è detto nel libro Mazzini Occulto), quando il congresso è chiamato a definire la linea programmatica, scegliendo tra lo spiritualismo progressista di Mazzini e il materialismo storico di Marx.

Purtroppo, la linea prescelta fu quella del materialismo storico. Da allora, essere in favore delle classi subalterne divenne sinonimo di essere materialisti. Mazzini denunciò subito questa posizione come errore gravissimo, perché il materialismo è una filosofia miserabile, incapace di elevare il popolo a più alte aspirazioni.

Di questo limite rimase affetto tutto il pensiero intellettuale, tanto che la parola “progresso” fu gradualmente cancellata e sostituita con “sviluppo” (cioè, sostituendo il “cambiamento come miglioramento” con il “cambiamento come espansione”), imponendo la logica del materialismo non solo in economia e in politica, ma anche nel campo della letteratura e del cinema, dove questo modo di vedere assunse la definizione di “realismo” e “neo-realismo”.

Quel che si è detto per Mazzini non vale anche per Garibaldi. Dotato di minor capacità critica, da soldato, Garibaldi su attratto più di Mazzini dalle sirene incantatrici e dagli specchietti per le allodole che ora la massoneria, ora i Savoia, ora i socialisti posero davanti a lui per distaccarlo e metterlo in contrasto con Mazzini.

Quindi, sia pure in modo superficiale, si può parlare di un Garibaldi socialista. Se avesse avuto modo di esserci ancora al tempo di Bakunin, sarebbe divenuto anche anarchico, per non perdersi nulla del festival degli inganni: perché Bakunin rappresenta l’ultima demolizione del pensiero di Mazzini, voluta, studiata.

Ma per passare da questa porta stretta bisognerebbe rileggere i libri di Aldo De Jaco oppure, se vi accontentate, aspettare l’uscita del mio nuovo libro su Mazzini.

 

Destra e Sinistra in politica, con note su Kafka

Sommario delle domande cui questo articolo può fornire risposta.

  1. Di quali ceti sociali Destra e Sinistra rappresentano gli interessi?
  2. Cosa significa “extraparlamentare” in rapporto alla Destra?
  3. Cosa significa “extraparlamentare” in rapporto alla Sinistra?
  4. È vero che “gli estremi si toccano”?
  5. Qual è stato l’esito dell’esperimento delle “convergenze parallele”?
  6. Esistono ancora “partiti dei lavoratori”?
  7. Ha ancora senso la divisione “destra-sinistra”?

1.

La Destra politica è data dalle compagini che rappresentano gli interessi dell’aristocrazia e dell’alta borghesia. In altre parole, i ceti sociali di cui la Destra rappresenta gli interessi sono le élites che detengono il potere. Accanto alle classi di diretta ascendenza aristocratica ed ai vertici del tessuto produttivo e industriale bisogna annoverare il clero che, per funzione ed anche per convenienza, ha sempre avuto una funzione di mediazione nei rapporti di potere. I ceti popolari non fanno parte del sistema di interessi rappresentato dalla Destra. Come mai dunque tanta gente del popolo ritiene di essere “di destra”? È molto semplice. Si tratta di fedeltà alla linea di comando. Si tratta di subordinazione al datore di lavoro. In altri casi, si tratta semplicemente di ossequio del potere, della speranza che il potente di turno possa cambiare il diritto in privilegio e sperare che questo possa condurre il subordinato ad un vantaggio individuale, ottenendo un posto che non gli sarebbe dovuto spettare.

Per introdurre la Sinistra, è opportuno dire che la distinzione politica risale alla Rivoluzione Francese del 1789 quando, in parlamento, a sinistra prendevano posto gli esponenti della corrente rivoluzionaria e a destra invece si sedevano i componenti dei partiti filo monarchici. La Sinistra rappresentava gli interessi dell’emergente Terzo Stato, la borghesia, che in precedenza non aveva rappresentanza in parlamento. La Sinistra politica dunque assunse da principio la rappresentanza dei gruppi subalterni. In seguito alla restaurazione napoleonica e post-napoleonica tuttavia la borghesia del cosiddetto Terzo Stato fu assorbita dai ceti dominanti, assumendo sempre più posizioni conservatrici, cioè di Destra, tese a bloccare l’accesso di nuove classi sociali tra le quali il cosiddetto “Quarto Stato”, cioè il proletariato agricolo e industriale, la classe dei lavoratori salariati che la Rivoluzione Russa del 1917 prometteva di esportare in tutta Europa attraverso l’Internazionale dei Lavoratori. Quindi, stando alla sua genesi storica, la Sinistra politica rappresenta gli interessi delle classi subalterne e, cronologicamente, l’accesso della borghesia nel XVIII secolo e l’accesso del proletariato nel XX.

2, 3.

Extraparlamentare è chi non ha rappresentanza in parlamento, cioè nel luogo in cui convengono i rappresentanti eletti in esito a consultazioni democratiche. Questo può accadere perché un gruppo politico non giunge alla soglia minima di consensi (voti) per accedere ad almeno un seggio parlamentare o per scelta radicale di nemmeno presentare una lista alle elezioni. Il termine in ogni caso designa qualcuno che fa riferimento ad un gruppo politico che non è rappresentato in parlamento. Si dovrà notare che il termine è stato molto abusato e strumentalizzato. Questi abusi e strumentalizzazioni hanno avuto talora un carattere estremamente violento, giungendo a coartare la verità dei fatti, attribuendo responsabilità terroristiche a soggetti appartenenti a correnti opposte. Gruppi extraparlamentari sono stati sia a sinistra che a destra dell’arco parlamentare. Quelli a sinistra hanno avuto in genere finalità eversive, volte a favorire la protesta contro il potere costituito con lo scopo di garantire maggiori diritti ai lavoratori e alle classi subalterne. I gruppi extraparlamentari di destra hanno avuto finalità reazionarie, consistendo di strutture volte alla repressione e al sabotaggio delle manifestazioni di protesta dei lavoratori.

4, 5.

Si potrebbero fare degli esempi, storicizzando: a destra si otterrebbe l’immediata visualizzazione del fascismo e del nazismo prima del loro avvento al potere, come gruppi volti a impedire anche con la forza le protesta dei lavoratori; a sinistra si troverebbero le brigate rosse e i nuclei armati proletari. Prima di risolvere notando l’asimmetria di forze (molto di più a destra e molto di meno a sinistra), si dovrà notare un aspetto più rilevante: e cioè che queste frange di politica extraparlamentare, al di là di qualche personaggio davvero convinto ideologicamente, si nutrono di persone ambigue al confine della legalità, spesso in confidenza con armi e malviventi e significativamente sensibili al soldo. Nella nostra storia recente c’è un affaire, come venne definito l’intrigo che portò alla morte di un importante esponente politico, latore della lungimirante proposta politica detta delle convergenze parallele, volta ad accorciare i divari tra le componenti politiche. Il risultato si risolve esattamente in un laboratorio al servizio delle forze reazionarie che hanno dissolto quella possibilità proprio attraverso una perfetta combinazione tra frange allo sbando, nominalmente di sinistra, con più che il sospetto di infiltrazioni della destra extraparlamentare e, di fatto, in una situazione di completa illegalità e di condizionamento della vita democratica delle istituzioni.

6.

Quel ch’è accaduto dopo il 1978 è stata la progressiva erosione della capacità di rappresentanza dei lavoratori. Questa tendenza non è stata prerogativa esclusiva dell’Italia ma dell’intera Europa, e in modo eclatante dopo il 1989. Con la caduta del muro di Berlino, il modello capitalistico ha celebrato il suo trionfo; portando con sé però segni di decadenza e di distacco da ciò che obiettivamente, ne faceva un sistema migliore: la mitigazione degli aspetti predatori di supremazia del ricco contro il povero che erano stati introdotti con il modello definito “economia sociale di mercato”. Dopo il 1989, la svolta economica e politica ha impresso al capitalismo un’accelerazione verso lo smantellamento dei diritti sociali e dei meccanismi di bilanciamento attribuiti allo stato. Il ritorno al capitalismo selvaggio e predatorio dello strapotere del ricco contro il povero è tornato all’attualità. Gli stessi partiti politici che storicamente erano rappresentanze dei lavoratori sono stati comprati dal capitale, che ne ha conservato il marchio o addirittura lo ha cambiato, rendendo in ogni caso lo scenario politico “ambidestro”, nel senso che sia a destra che a sinistra i partiti politici sono espressione della rappresentanza delle classi che hanno il potere economico e, se mai, si distinguono per gruppi e per famiglie, ma non per ceto. I ceti subalterni vivono dunque un vuoto di rappresentanza, che non è colmabile nemmeno attraverso il versante extraparlamentare, ormai stabilmente occupato dalle frange esterne che la destra gestisce con questo scopo.

7.

La distinzione destra-sinistra è puramente illusoria, specchio per allodole. Se ha avuto un significato nel passato, oggi non ne ha alcuno che non sia la divisione in correnti dei gruppi di vertice del potere economico. L’unico e indiscusso vincitore è il sistema capitalistico, che ormai non tollera di essere mitigato. Lo smantellamento dei diritti sociali, dei diritti dei lavoratori, dello stesso sistema del lavoro è ormai totale. L’arrivo di disperati che fuggono da paesi dove il capitalismo mostra il suo volto più vero e più terribile (l’imperialismo predatorio, che semina guerra dove si possono estrarre risorse energetiche, vero arcano del potere) determina una selezione verso il peggio, dove le condizioni disperate di questa gente senza patria, senza speranza, senza diritti e senza futuro diventano strumento del potere per costringere le classi subalterne in Europa ad accettare contratti di lavoro sempre più iniqui, ad accogliere riduzioni di salario e di diritti, colpendo con i manganelli del fascismo nazionalsocialista chi osi esprimere un’idea contraria, un’opposizione a tutela dei diritti della persona.

Conclusione A: cui prodest?

Tutto questo in nome e per conto di un numero di esseri umani sempre più ridotto e più ristretto, che ambisce a vivere centocinquanta o anche duecento anni, che invoglia a superare il tabù della compravendita degli organi corporei e che intende nutrirsi di corpi umani con le nuove frontiere dell’eugenetica.

Conclusione B: ut faciam?

La conclusione è amara, perché non ci sono nemmeno le parole per costruire una possibile antitesi. Per quanto le tecnologie internet ci mettano in condizione di comunicare istantaneamente tutti con tutti, siamo completamente atomizzati e divisi. Ognuno parla in nome del feticcio della post-modernità, che è il successo personale. Nessuna idea è credibile o al riparo da quest’ombra funesta. Non s’intravede altra soluzione che quella praticata dai più antichi Manifesti, tra cui non annovereremo quello comunista: e non per vezzo ma perché la tesi di Marx è stata un grande male per le classi subalterne che, persa la speranza di una vita spirituale (come volevano gli spiriti grandi dell’Età della Ragione), annaspa oggi in questo materialismo senza senso.

Conclusione C: quod spes?

Abdicando all’irrazionale dello Spirito, non c’è speranza alcuna che l’ideale delle umane sorti e progressive possa realizzarsi. Il nostro modesto compito può esser soltanto quello di annunciare, manifestandola, un’altra realtà, che terremo in segreta e scrupolosa custodia.